Io non sono comunista. Un'affermazione che oggi, segna uno spartiacque, mette al riparo da tante cattiverie, come ieri. Già ma non serve seguire il marxismo e il leninismo, per capire che il profitto del capitalista passa, ma non solo, sulla differenza tra quanto egli estrae dal lavoro altrui e quanto paga quanto estratto. Considero cioé, vero l'assunto di K. Marx per cui una barista oggi, come nel passato i minatori inglesi, non viene pagata per quanto fa guadagnare al proprietario del bar.
Il lavoro è una merce sottopagata, e lo si evince anche dalla falsa coscienza che aleggia all'interno del bar, dove il proprietario sa che sta pagando poco un lavoro che rende tanto, e la barista ha la netta sensazione che la stiano sfruttando. Questo accade da sempre, e il movimento comunista e socialista hanno il merito di averlo sottolineato in modo chiarissimo, e per i secoli a venire.
Il fatto che però, insieme alle rivendicazioni, siano arrivate pure le dittature comuniste, e i morti, e i carri armati a Praga, in Ungheria, i gulag e le purghe, hanno posto storicamente in secondo piano come ancora oggi, e forse, amaramente, sempre, la barista starà lì, dietro il bancone, ad essere sfruttata in una società dove anche il ricordo del bene che c'era dietro gli scritti di Marx ed Engels è sepolto sotto milioni di uccisi in nome della lotta di classe.
E' come se il capitale avesse avuto il patentino di sfruttatore, a ragione, per via delle mostruosità di burocrazie che agivano in nome della classe lavoratrice. Ma questo non deve essere, è un'assurdità storica anch'esso, concedere alle classi dirigenti di una democrazia occidentale il potere di rifiutare un conflitto tra interessi contrapposti, che proprio in quanto dovuto al lavoro è democraticamente possibile tollerare ed accettare.
Il lavoro è una merce sottopagata, e lo si evince anche dalla falsa coscienza che aleggia all'interno del bar, dove il proprietario sa che sta pagando poco un lavoro che rende tanto, e la barista ha la netta sensazione che la stiano sfruttando. Questo accade da sempre, e il movimento comunista e socialista hanno il merito di averlo sottolineato in modo chiarissimo, e per i secoli a venire.
Il fatto che però, insieme alle rivendicazioni, siano arrivate pure le dittature comuniste, e i morti, e i carri armati a Praga, in Ungheria, i gulag e le purghe, hanno posto storicamente in secondo piano come ancora oggi, e forse, amaramente, sempre, la barista starà lì, dietro il bancone, ad essere sfruttata in una società dove anche il ricordo del bene che c'era dietro gli scritti di Marx ed Engels è sepolto sotto milioni di uccisi in nome della lotta di classe.
E' come se il capitale avesse avuto il patentino di sfruttatore, a ragione, per via delle mostruosità di burocrazie che agivano in nome della classe lavoratrice. Ma questo non deve essere, è un'assurdità storica anch'esso, concedere alle classi dirigenti di una democrazia occidentale il potere di rifiutare un conflitto tra interessi contrapposti, che proprio in quanto dovuto al lavoro è democraticamente possibile tollerare ed accettare.