domenica 31 luglio 2011

Che c'entra la barista sfruttata con i carri armati ?

Io non sono comunista. Un'affermazione che oggi, segna uno spartiacque, mette al riparo da tante cattiverie, come ieri. Già ma non serve seguire il marxismo e il leninismo, per capire che il profitto del capitalista passa, ma non solo, sulla differenza tra quanto egli estrae dal lavoro altrui e quanto paga quanto estratto. Considero cioé, vero l'assunto di K. Marx per cui una barista oggi, come nel passato i minatori inglesi, non viene pagata per quanto fa guadagnare al proprietario del bar.
Il lavoro è una merce sottopagata, e lo si evince anche dalla falsa coscienza che aleggia all'interno del bar, dove il proprietario sa che sta pagando poco un lavoro che rende tanto, e la barista ha la netta sensazione che la stiano sfruttando. Questo accade da sempre, e il movimento comunista e socialista hanno il merito di averlo sottolineato in modo chiarissimo, e per i secoli a venire.
Il fatto che però, insieme alle rivendicazioni, siano arrivate pure le dittature comuniste, e i morti, e i carri armati a Praga, in Ungheria, i gulag e le purghe, hanno posto storicamente in secondo piano come ancora oggi, e forse, amaramente, sempre, la barista starà lì, dietro il bancone, ad essere sfruttata in una società dove anche il ricordo del bene che c'era dietro gli scritti di Marx ed Engels è sepolto sotto milioni di uccisi in nome della lotta di classe.
E' come se il capitale avesse avuto il patentino di sfruttatore, a ragione, per via delle mostruosità di burocrazie che agivano in nome della classe lavoratrice. Ma questo non deve essere, è un'assurdità storica anch'esso, concedere alle classi dirigenti di una democrazia occidentale il potere di rifiutare un conflitto tra interessi contrapposti, che proprio in quanto dovuto al lavoro è democraticamente possibile tollerare ed accettare.

domenica 10 luglio 2011

Il paradigma errato della comunicazione su Berlusconi

Ho un'opinione su ciò che costituisce il modo con cui gli italiani trattano la comunicazione riguardante Silvio Berlusconi che è molto personale, e non tutti potrebbero essere d'accordo. E' derivante da una sensazione, dovuta a ore passate ad informarmi sull'arcorese premier.

In una forma di trattamento delle informazioni non viziata, dovrebbero essere i fatti che riguardano Berlusconi ad essere considerati centrali, e solo dopo le sue dichiarazioni, il suo punto di vista. Dovrebbe essere importante soprattutto una condanna di Berlusconi per il Lodo Mondadori, e non la personale opinione del Presidente del Consiglio, pur cosa di rilievo, a far riflettere le persone sul ruolo politico e sociale del Silvio nazionale.
Io noto invece che al centro dei commenti, degli articoli, della considerazione di tutti ci sono proprio le notizie di come Berlusconi tratta i proprio fatti, i propri interessi.

Se ci pensate bene, quando saranno passati 40-50 anni, e Berlusconi sarà probabilmente trapassato, ciò che conterà non sarà la sua personale opinione sul processo Mills, sul Lodo Mondadori, non saranno le sue dichiarazioni sui fatti, ma i fatti stessi e la loro incidenza sulla vita della nostra nazione ad essere determinanti per far avere opinioni, per informare la gente del nostro futuro sulla vita degli italiani a cavallo dei due millenni.

Perciò trovo assurdo che sia centrale un'opinione pur da protagonista per decidere se c'è stata corruzione, se una manovra finanziaria sia ottimale per i problemi d'Italia. Non si dovrebbe solo considerare come il Silvio nazionale considera accuse e critiche, lodi e elettori, ma vedere cosa effettivamente bolle in pentola. Per usare una metafora, non si chiede al cuoco se il cibo è buono, ma lo si assaggia, lo si offre a persone di nostra fiducia, lo si valuta per quello che è.

Ripeto: non tutti saranno d'accordo con me, magari un giornale vende e venderà di più con la polemica tra Berlusconi e i magistrati, tra Bersani e Ghedini, ma penso che gli italiani dovrebbero aprire maggiormente gli occhi e cominciare a scrollarsi di dosso l'assolutà centralità delle parole di Silvio Berlusconi, come se parlasse dal balcone di piazza Venezia, per tornare a giudicare la Storia come un insieme legato di fatti, che tutti riguardano e tutti contribuiscono a realizzare, ognuno per il proprio peso e con le proprie colpe e meriti.