venerdì 23 dicembre 2011

Mai dimenticare la potenza delle parole

Mai dimenticare la potenza delle parole (e dell'oratoria, detta volgarmente chiacchiera). Se io definisco un giocatore di calcio un professionista, voglio metterne in luce la serietà, la capacità, la costanza. Se lo definisco 'mercenario', cambia tutto. Perciò occhio a come il potere, dalla classe politica alla pubblicità, usa le parole e tutte le tecniche comunicative per manovrarvi !

martedì 20 dicembre 2011

Diversità, superiorità


In base alla mia limitata esperienza di giovane uomo sono sempre più convinto che al di là dei pubblici proclami in cui ogni differenza viene vista come motivo di vanto, alla fine tutte le diverse categorie, donne, gay, immigrati cercano le stesse cose di chi si differenzia da loro.
Partendo da modi di essere differenti, tutti cercano amore, sesso, denaro, sicurezza, salute, diritti, casa, svago e anche cultura e conoscenza. Non si può dire: "Noi donne a differenza vostra", oppure questa razza è più di quell'altra. Tutti cercano di essere felici, e spesso di fare le stesse cose. Tolleranza è capire questo e rispettare le volontà degli altri e le loro differenze.
Perciò io diffido sempre di chi vuole la patente di sesso migliore, di popolo migliore: in realtà pregi e difetti albergano in tutti i cuori, così come è comprensibile che tutti aspirino ad avere il meglio dalla vita.

Contro il pensiero omologato

E' pure giusto che uno possa provare anche repulsione per altre culture e sottoculture, non è detto che la libertà debba essere solo di amare, si può anche provare disagio nei confronti di chi è diverso da noi. Anche questa è democrazia.

domenica 27 novembre 2011

Razzista o giornalista ?

Una regola della comunicazione che ho imparato in questi anni è che puoi dire tutto, ma il risultato positivo dipende da come lo dici. Per esempio se pubblichi i dati statistici sulla criminalità a Napoli, i rilievi del Viminale sugli stupri e gli omicidi dei rumeni ti ringraziano e ti pagano il quotidiano perché li informi. Se dici che a Napoli ci sono molti delinquenti e che i rumeni sono violenti ti danno del razzista. Occhio allo stile, alla vostra maniera di comunicare. La differenza tra un guru e un cafone delle volte è solo questa !

Critiche all'utopia

« Chi cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri un molto rispettabile inferno. »

Nel corso del XX secolo, sono state portate alcune critiche al modello utopista da parte di alcuni pensatori e filosofi liberali, fra i quali Karl Popper[3] e Dario Antiseri[4]. La prima delle obiezioni riguarda il fatto che non esiste un criterio razionale attraverso il quale determinare che cosa renda una società utopica e perfetta; oltretutto, la società perfetta - o presunta tale - viene ritenuta esattamente l'opposto della società aperta.[5] L'inconsistenza attribuita all'utopia e agli utopisti viene espressa sottolineando come innanzitutto ogni utopista sia totalitario e come l'utopia si fondi su tre presupposti gnoseologici insostenibili, quali: conoscere il tutto (inteso come insieme della società), conoscere cosa è il bene e cosa è il male, conoscere una definizione oggettiva di uomo perfetto.[5] Ritenendo di conoscere ciò, all'utopista viene attribuito di credere che il mondo del suo tempo sia interamente errato e pertanto che sia necessario sviluppare un cambiamento totale dello stesso secondo regole e principi stabiliti dall'utopista stesso.[5]
Per i critici dell'utopia, coloro che intendono realizzarla sono fermamente avversi ad ogni pratica gradualista e riformista, poiché, dovendo cambiare il mondo nella sua interezza, non pensano che ci sia alcun bisogno di intervenire sui problemi e le questioni attuali. Ciò viene ritenuto dai critici in forte contrasto con la moderna prassi politica, secondo la quale, ammesso che si possa cambiare tutto, ciò non può non essere realizzato che attraverso la risoluzione delle singole parti che costituiscono il tutto stesso.[4] In realtà, la possibilità di ripartire dal principio per riedificare un nuovo mondo utopico viene considerata irrealizzabile in termini pratici, poiché non è mai possibile ricominciare da capo: la tradizione da cui si discende e le facoltà intellettuali dell'individuo sono valori acquisiti dall'uomo nel corso della propria vita e non si può in alcun modo liberarsene; la stessa ragione ideale dell'utopista è inevitabilmente frutto di una tradizione precedente.

Fonte: Wikipedia.it

sabato 26 novembre 2011

Conformismo, volenti o nolenti

Quasi tutti oggi si sentono speciali, unici, ma in realtà la maggioranza quasi totale di loro fa le stesse cose, negli stessi momenti, segue le stesse mode, crede negli stessi dei, ha le stesse opinioni, ha la stessa cultura del proprio momento storico e della propria nazione. Sociologia docet !

martedì 15 novembre 2011

La forma mentis ci limita

La nostra cultura personale è come con la musica che amiamo: da una certa età in poi non andiamo più avanti, rimaniamo fermi ai brani che ci hanno entusiasmato a venti, trent'anni, e così è per la nostra visione del mondo, non si aggiorna in base ai tempi rimane chiusa a quando eravamo giovani. Ecco la difficoltà nell'accettare la nuova musica, i nuovi costumi sociali.
Fateci caso: le persone anziane ascoltano i brani di quando avevano vent'anni, e in fatto di costumi sessuali, di visione sociale, sono fermi alla stessa età.
Il difficile di confrontarsi con i tempi che cambiano, con il mutamento, è proprio questa forma mentis cristallizzata.

sabato 12 novembre 2011

Controcorrente contro i politici

Io sono controcorrente: non ce l'ho con i politici per i loro privilegi personali, per i loro stipendi da favola, ma per il loro amministrare il Paese da incubo.

sabato 29 ottobre 2011

Storia del sito "Appunti di Scienze Sociali"


L'idea iniziale, che è alla base della nascita di queste pagine, è quella semplicissima di pubblicare qualche appunto di sociologia scritto da me. Inizialmente tutto il materiale presente quindi, non c'era, vi erano solo quattro o cinque pagine di appunti personali dove l'autore aveva voluto dire la propria sulle scienze sociali. Dopo i primi giorni, però, dato che oramai un sito era nato, non mi andava di lasciarlo così vuoto, anche se l'esiguità dei contenuti si giustificava con il fatto che questi erano del tutto originali. Allora ho cominciato con il creare altre pagine interne, a cominciare dagli studiosi che preferivo nelle scienze sociali. Preferivo dal punto di vista strettamente scientifico, i miei 'eroi' del pensiero. Il tutto era ospitato da un server americano che offriva spazio gratuito, ma che ahimé non avevo scelto bene perché offriva molto poco spazio in termini di bytes e non permetteva il caricamento dei files da aggiornare via FTP, il questo significa che il tutto già partiva male dal punto di vista tecnico. In più vi erano 'tonnellate' di pubblicità nelle pagine, automaticamente inserite dai programmatori del server che mi ospitava.

Con il tempo ho deciso di prendere un dominio di secondo livello, un .it, perché potessi avere servizi tecnici di maggior livello, dato che tutto il progetto cominciava ad avere un certo successo di pubblico e interesse. Si era passati da pochi appunti personali, ad un compendio sulle scienze sociali in miniatura, con le pagine degli studiosi, adesso molte, quelle sulle discipline viste in senso generale, e gli appunti di altri autori in ambito disciplinare. In più ad arricchire anche video e documenti come gli estratti dai 'documenti terribili' Mondadori.
Grazie alla mia dimestichezza con la tecnologia, non esagerata ma sempre presente nei miei anni sul Web, ho anche inserito strumenti utili come la ricerca personalizzata Google, che ho visto nelle statistiche essere utilizzata, spero proficuamente.
Una cosa di cui sono orgoglioso, è che nelle pagine del sito dove le fonti sono molteplici, quelle meglio riuscite, i testi non si limitano ad essere dei copia ed incolla da fonti autorevoli, ma sono delle rielaborazioni dei documenti originali, dove i testi di origine vengono integrati, rivisti, anche corretti.
In alcuni casi, il materiale originale era in lingua inglese, quindi l'introduzione degli appunti nel sito ha valore di traduzione di spunti di altre nazioni. Per questo mi sono aiutato con il traduttore di Google, anche se ovviamente la scelta dei termini utilizzati è stata vagliata da me personalmente, dato che la fiducia in un strumento automatico dovrebbe essere giustamente parziale.
Qualcuno ha criticato la scelta di dare molto spazio alle biografie per certi autori, come J.M. Keynes, ma se l'ho fatto è stato per dare umanità e un pò di colore a pagine strettamente scientifiche.

Dai servizi di statistica il sito risulta avere oltre 6000 visitatori al mese, e molti salvano pagine del sito sul loro hard disk. In più, c'è l'evidenza che diverse persone prendono in considerazione il sito per la loro tesi di laurea. Qualcuno si collega da sedi universitarie, e addirittura è parte del personale docente. Una bella soddisfazione per l'autore: significa che 'appunti di scienze sociali ed altro' è una realtà di rilievo nel Web, soprattutto per i contenuti scientifici.
Il nome stesso è frutto però di equivoco: qui non trovate appunti presi da studenti durante le lezioni, o generici appunti su autori e discipline. Il nome appunti deriva originariamente dal fatto che il sito era nato, come ho già scritto, per essere una vetrina ai minisaggi del suo autore. Ingrandendosi ha conservato il nome, comunque attinente. Perciò il sito si distingue, cum grano salis dell'autore, dalle decine di altri siti che riempiono di appunti presi da altri: qui il materiale è filtrato e spesso rivisto e corretto dal suo autore, e costituisce per questo solo fatto opera diversa da un sito qualsiasi di appunti.
Lieto della vostra pazienza nel leggere queste righe, vi invito a cercare e leggere i temi che più vi stanno a cuore occupandovi di sociologia e scienze sociali.
Io personalmente sono uno studente vicino alla laurea in comunicazione, facoltà scelta principalmente per motivi professionali, ma il mio cuore 'scientifico' è in debito di riconoscenza alle scienze sociali tutte, principalmente la sociologia, per consentirmi di vedere la realtà con occhi più attenti, con una visione più approfondita, basandomi su una realtà meglio conosciuta.


martedì 18 ottobre 2011

Le brutte abitudini di Internet

Ci sono un bel pò di brutte abitudini diffuse in Internet, che saranno presenti pure nella vita non virtuale, ma che si notano particolarmente su siti come Facebook.com, YouTube.com. Tra queste posso annoverare:
1- Insulti a non finire a chi non condivide, alle volte semplicemente, i nostri gusti, le nostre opinioni, a chi non ci da ragione. Quando si è tra sponde politiche o di tifoserie opposte, abbiamo l'insulto-minaccia.
2- Denigrazione automatica della moralità delle belle donne: sul Web una bellissima ragazza è una pu**ana.
3- Qualunquismo contro i politici: sono tutti da impiccare, mangiapane a tradimento, contribuendo così al disinteresse di chi si deve impegnare in politica dal basso per i nostri interessi.
4- Vale per Facebook: diffondere i dati più sensibili, come fotografie in parte compromettenti, abitudini (alcool, droga), con gente amica che nemmeno ci conosce o che potrebbe utilizzare i dati per danneggiarci, dal semplice sparlare allo stalking.
5- Uso dell'italiano totalmente scorretto, alle volte che sembra denotare problemi intellettivi gravi o dislessia.
6- Bisogno di dar ragione a chi trasgredisce, al punto di mitizzare comportamenti devianti, anche criminali. Es: se uno arriva durante una conversazione differita, e bestemmia, lo si esalta invece di vederlo come un cafone che impedisce il dialogo sereno.
7- In linea con il punto 1: sessismo. Nel Web femminuccie e maschietti insultano l'altro sesso in continuazione, come se l'umanità buona o cattiva fosse appannaggio di un solo sesso.
8- Presenza di un continuo uso di facili battute, come la citazione del capo indiano Estiqaatsi per commentare tutto quello che non interessa, salvo dimenticare che il rispetto delle persone vale anche sulle tematiche che a loro interessano e a noi no, oppure definizioni stereotipate come bimbominkia, espressione dimentica che certi presunti difetti sono presenti nella quasi totalità degli adolescenti e costituiscono caratteristica dell'età.

Se volete suggerirmi altri 'difetti Web' commentate questo post, li inserirò a tempo debito.

Un grande poeta


Oggi è scomparso, anziano, il grande poeta italiano Andrea Zanzotto. Voglio ricordarlo con un suo pensiero sulla grande passione della sua vita, la poesia.

"La poesia è sempre più di attualità perché rappresenta il massimo della speranza, dell'anelito dell'uomo verso il mondo superiore" - Andrea Zanzotto (1921-2011)

domenica 16 ottobre 2011

L'arma delle donne


Fate tre cose alle donne: toglietegli il trucco dal viso, vestitele da suore, e obbligatele a fare sesso solo dopo il matrimonio. Pensate che il potere e la condizione della donna migliorerebbero in questa nostra società, che l'influenza ed il controllo sugli uomini aumenterebbe ? Secondo voi la carriera, il reddito delle donne ne beneficierebbero, come fanno intendere molte persone quando parlano di valutarle solo per le loro capacità ? Secondo me no, quindi giudico il fascino femminile e la promessa sessuale come arma nelle mani dell'altro sesso, a cui le facoltà e conoscenze si aggiungono e si potenziano. In definitiva il fascino e la sensualità aiutano. Speriamo ne facciano buon uso !

giovedì 13 ottobre 2011

Tutti poliglotti


Quello che trovo assurdo in questa nostra Università è che i docenti pretendono che un ragazzo, dopo una decina di ore di Francese, magari dopo non aver mai studiato né conosciuto la lingua, si rivolga a loro 'en francaise'. Ma non dovrebbe essere il contrario, che il francese lo si parla DOPO le lezioni di francese ???

martedì 11 ottobre 2011

Denigrazione e Premier

Vi siete accorti che in politica, i berlusconiani non entrano mai nel merito ? Se vengono criticati, passano al contrattacco parlando di soliti comunisti, di animosità contro il Cavaliere, senza mai parlare dei fatti che, nei processi o in tema politico, li vedono messi in difficoltà.
Non c'è problema per loro, basta denigrare l'accusatore e non si deve rispondere di nulla. Quando Fini si mise contro il Cavaliere, subito era pronto, nei giornali berlusconiani, il dossier contro l'uomo politico. Insomma, non ci vuole molto per finire nelle maglie denigratorie del sistema di potere di Silvio Berlusconi.
Il sistema perverso dei media fa si che tutto sembri una polemica, con due temi portanti antagonisti, dimenticandosi che l'accusa iniziale, questa dovrebbe essere considerata attentamente per quello che è, e non subito dimenticata in un gioco al massacro avviluppato intorno a diversi altri temi, anche lontani da quello iniziale.
Nel nostro Paese, tra denigrazione, denuncie e censure, in attesa di disegni di legge ad hoc, sarà impossibile poter criticare motivatamente, e di motivi ce ne sono molti, il nostro Premier.

giovedì 6 ottobre 2011

Creatività, umanità ed intelligenza. Ci mancherai.

"Creatività, umanità ed intelligenza. Ci mancherai."
Il mio commento per Steve Jobs sulla Home Page di Repubblica. - Screenshot



Facebook è un posto dove molti vogliono fare i copywriter, a scrivere presunte o vere genialate su qualsiasi tema, con umorismo di fondo più o meno marcato. Ci si dimentica che dovrebbe essere il rapporto con gli altri, con gli amici e non, la cosa più importante, non la trovatina da applauso effimero. Perciò... io penso semplice.
Cercando il dialogo empatico piuttosto che la trovata, la simpatia piuttosto che la battuta, la comprensione al posto della polemica, l'educazione che sostituisce la volgarità. Quando ci riesco, ovviamente.

mercoledì 5 ottobre 2011

Wikipedia e la Costituzione

Art. 21 Costituzione Italiana:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Come mai la Costituzione sembra così attuale, di questi tempi ?. Perché è stata pensata all'indomani di una dittatura, quella fascista di Mussolini, perciò è perfetta per reagire ai lacci di Berlusconi.

martedì 4 ottobre 2011

Wikipedia chiude ?


Sembra incredibile, ma la più importante enciclopedia online, disponibile gratuitamente in moltissime lingue, nella sua versione italiana è in queste ore OSCURATA. Per saperne il motivo, vediamo il seguente video:

e leggiamo il comunicato diffuso da Wikipedia.it

"
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiederne non solo la rimozione, ma anche la sostituzione con una sua "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.
"

Perciò questo governo, il governo Berlusconi, se approverà con la sua maggioranza risicata in Parlamento ed inesistente nel Paese il ddl intercettazioni, potrà dire di avere, nel prossimo futuro, sulla coscienza la fine delle migliaia di voci italiane dell'enciclopedia, vera fonte di sapere ed informazioni universale e neutrale, oltreché gratuita, per i nostri connazionali.
Se ciò accadrà, persone come me che fanno delle fonti enciclopediche fonte di cultura reale e viva, sapranno chi ringraziare.

sabato 1 ottobre 2011

Critica sintetica al pensiero sociologico di Karl Marx


Traggo dal mio sito sulle scienze sociali il seguente testo intitolato:

Critica sintetica al pensiero sociologico di Karl Marx
Autore: Roberto Di Molfetta

Marx non inizia l'analisi storica da un vacuum, da un vuoto metafisico o sociale. Egli piuttosto, rovesciando la metafisica hegeliana, non si interessa in primis di ciò che è culturale, come immaginazione e rappresentazione nella mente umana; predilige come determinante il reale in quanto concreto, non significato da simboli o parole create dagli uomini o dai loro rapporti ideali; egli, cioé, "parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. "(Ideologia tedesca). Non ignora la cultura come insieme di significati condivisi socialmente ma individua come variabili principali della storia sociale, o della storia di ogni società, quelle che scaturiscono dalla materia, dall'oggettivo, dai meccanismi operanti oggettivamente nel generare l'assetto sociale.
Concreti, necessari, non ideali ma solo ideologizzabili, sono gli atti quotidiani come mangiare, dormire, abitare e gli altri atti insieme personali e sociali, diversi storicamente da un punto di vista antropologico-culturale ma materialmente in comune tra diverse società umane. Marx vuole in realtà evitare di dare credito alla filosofia classica e ai sogni individuali, che vorrebbero creare pensieri accessori, magari anche stimolanti espressivamente, simulacri ideali che guiderebbero il dispiegarsi delle azioni umane più dei bisogni degli individui, delle necessità psicologiche immanenti; sono i rapporti sociali, necessari come le stesse azioni che li generano, i quali, una volta creati dall'agire individuale, meccanicamente, come autentici sistemi materiali, predispongono le azioni e le condizioni esistenziali degli esseri umani. Produrre i mezzi di sussistenza è condizione che ha creato lo sviluppo storico sociale e che è creata dall'organizzazione fisica degli uomini impegnati (quest'ultimo concetto è approfondimento di F.Engels, Dialettica della natura).

L'analisi marxiana è si geniale ma unilineare, monolitica, dimentica dello stesso processo dialettico che Marx recupera da Hegel con sovrano sforzo anch'esso dialettico. È necessario considerare, infatti, la rilevanza storica della cultura e dei processi psicologici che legano gli esseri umani ai sistemi sociali o ai diversi stati attraversati dai sistemi sociali. Ogni essere umano, o gruppo di esseri umani, possiede una visione del mondo che unisce insieme reale conosciuto, immaginato e sperato. Difficile pensare altrimenti ad epoche storiche create dagli automatici spostamenti o aggiustamenti storici degli uomini rispetto alle condizioni materiali di produzione.
Un tentativo di maggiore rigore analitico prevede una critica sostanziale al materialismo storico marxiano: esso non doveva prescindere, per rimanere anch'esso realistico e non metafisico, dal necessario integrare nella sua visione non epoche dialetticamente considerate tra di loro, sorta di dialogo materiale tra fasi storiche, ma bensì di azioni ed interazioni sociali dialetticamente considerabili come interagenti su di un piano paritario, laddove il piano economico a lungo termine sopravvanza gli altri per questioni legate alla preminenza delle necessità rispetto alle volontà ideali, degli investimenti esistenziali come professioni e mestieri e relativi sistemi giuridici di sostegno rispetto ai sublimi voli pindarici dei sentimenti; possiamo sia vedere le epoche storiche, cioé, determinate dai rapporti meccanici del sistema sia osservare come volontà di scelta, pensiero, cultura condivisa e decisioni personali costituiscano determinanti che influenzano profondamente il momento di creazione o di mutamento del sistema sociale, oltre le specifiche esigenze economiche o comunque materiali e di produzione.

Il substrato strutturale fondamentale, creatore delle idee e delle culture sociali, attraverso un processo continuo di acquisizione di conoscenze oltre le necessità contingenti ma che dalle stesse nasce come stimolo che permetta la stessa vita umana, stimolo insieme tecnico, intellettuale ed ideale, è definito dalla parabola teorica marxista modo di produzione, rapporto tra uomo e natura, da un lato, e tra le persone agenti in una società, dall'altro.
Ogni modo di produzione presuppone rapporti di produzione, relazioni sociali del modo di produzione considerato. È qui che il pensiero di Marx si mostra lacunoso sul piano politico: esso impone come scientificamente osservabile il rapporto conflittuale scaturito dal modo di produzione, rapporto conflittuale tra le grandi classi considerate dalla storia rivisitata da Marx; come quelle che lui definisce proletariato e borghesia. Non è certo insieme conflittuale ed inverosimile una dicotomia reale tra ricchi borghesi e proletari; ma non è sufficiente separare le società umane in due sole classi, elefantiache per quantità e qualità, per ritrovare visualizzabili e riscontrabili tutti i conflitti, tutte le debolezze generatrici di conflittualità, tutte le ritrosie e le asperità generate dagli esseri umani formanti società. Marx radicalizza, forte di una preparazione poderosa in campo economico, il macroconflitto sociale tra datori di lavoro e prestatori di lavoro, conflitto inizialmente del mercato del lavoro dipendente, vedendo unicamente nell'interesse della classe borghese il male assoluto; quando, secondo Marx, gli sfruttati proletari avessero raggiunto l'egemonia politica come necessario interregno dittatoriale, avrebbero potuto realizzare la società senza classi, priva cioé della base stessa conflittuale storica, il conflitto interclassista.

Il collettivismo burocratico degli Stati che, storicamente, hanno applicato teorie di matrice marxista costituisce verifica empirica su di un fatto politico e storico: politicamente e sociologicamente, al variare delle dittature o all'instaurazione delle stesse non è seguito un programmaticamente procastinato socialismo senza classi e senza disuguaglianze, bensì sono nate proteiformi fasi di comunismo di genesi marxista, adeguato localmente, e di avvicinamento a forme di "capitalismo comunista", vero ossimoro politico moderno, guidate dalla programmazione centralizzata.
Si è insomma non realizzata una società che produce semplicemente senza conflitti di classe, ma soltanto instaurata una dittatura centralizzata a guida burocratica, con funzionari di partito autentici "aristocratici" del sistema comunista, o Nomenklatura, legati dalla centralità partitica a un normativismo totalitario giustificato da valori post-rivoluzionari; lo status quo è lontano dall'avere realizzato un sistema di gestione propedeutico, come programmi politici, economici, di riforme sociali, di una qualunque forma di società priva di gerarchie la quale dovrebbe correggere, come panacea contro i mali endemici dei rapporti di produzione alternatisi nei secoli, i difetti fisiologici dei rapporti sociali fondati su classi oppure su elites. Marx non considerò i sistemi burocratici comunisti di transizione come sistemi elitari di gestione del potere: sostituendo al concetto classista quello elitario, si possono rivisitare le teorie marxiste come fallimentari nel momento in cui concedono il potere dittatoriale ad una aristocrazia burocratica elitaria, che semplicemente sostituisce le non precisate classi sociali dominanti alla guida dello Stato; per queste elites, l'essere fedeli al partito è nodo programmatico unico, così come è difficile aspettarsi da esse una sostanziale, antistorica per lo stesso Marx, cessione di potere, la quale le porterebbe a perdere la loro direzione centralizzata a favore dell'utopia politica di Marx il quale, nel criticare i rapporti di produzione del suo tempo, aveva attribuito in modo diretto lo sfruttamento tra uomini, storicamente, al mercato capitalistico e non ai suoi eccessi o alle sue mancate regolazioni funzionali piuttosto che ad un mancato controllo funzionale, reale e non effimero, di autorità centrali non totalitarie, o anche alla mancata tutela concreta di diritti sociali.

Trascriviamo, insieme dal testo 'Marx' del Prof. Melotti e dall'autore originario, Karl Marx: "Nel loro insieme i rapporti di produzione costituiscono la struttura economica della società, ossia la base reale della società sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale.". Egli considera le sfere sovrastrutturali (istituzioni sociali e forme della coscienza, come morale, religione, filosofia, teorie giuridico-politiche, arte etc.) apparentemente autonome ma sostanzialmente caratterizzate da una coerenza nei confronti della struttura sociale.
Struttura e sovrastruttura costituiscono un'unità dialettica inseparabile. Il peso assegnato alla sovrastruttura è diversamente attribuibile non in base alle sole condizioni strutturali, si può aggiungere, ma bensì alla struttura globale dell'unità dialettica storico-sociale, al modo, cioè, in cui la sovrastruttura incide, contingentemente, su una particolare struttura economica; ossia nel modo in cui le idee presenti in un sistema sociale modellano, creano o mutano la struttura economica attraverso quella che è, insieme, variabile determinante e variabile determinata, la variabile delle idee, che creano ed organizzano lavoro, essendo organizzazione delle risorse e creazione intellettuale degli individui lavoro e risorsa insieme.

Tratto da www.appuntidiscienzesociali.it

Ironia post-comunista

Dura la vita del nostro Presidente del Consiglio... orgie ogni sera in ognuna delle ville e residenze storiche, cuoco personale, miliardi, televisioni e giornali pronti a dargli ragione su tutto sbagli compresi. Si vede che in Italia uno fa politica per il bene del Paese non lasciando nulla per sé. Non come i comunisti... Marx moriva forse di fame per spiegare scientificamente come i lavoratori erano sfruttati ?

martedì 27 settembre 2011

Al passo con i tempi


Molto spesso l'unico motivo per cui le generazioni precedenti non accettano le novità dei tempi moderni è semplicemente perché queste novità non c'erano quando queste generazioni divenivano adulte. Cioé la forma mentis e le sue ramificazioni, qui intese non fisicamente ma semplicemente come 'cultura', si sono formate senza inglobare queste novità, assenti, e quindi riesce loro difficile presupporne l'esistenza e lo sviluppo. Spesso è difficile abituarsi agli estranei, se così si possono chiamare smartphone, jeans strappati, diritti dei gay, eccetera.

martedì 23 agosto 2011

L'egoismo umano

Sono pessimista sulla natura umana. La persona comune darà sempre più importanza alla propria unghia incarnita piuttosto che a 10000 bambini morti in Africa. E' inevitabile e le eccezioni non fanno la regola.

sabato 13 agosto 2011

Stimare di più gli studi sociali

Una cosa che ho sempre reputato incredibile è quanto la gente di ogni tempo pensa di determinare, con la propria volontà, e parlo del singolo individuo, la propria vita, i propri pensieri. Siamo veramente convinti che ciò che facciamo sia dovuto alla nostra determinazione, al nostro pensiero coerente, ai nostri gusti personali. Peccato, però, che è la stessa cosa che pensano milioni di altri individui, e in ogni tempo, ed intere società fanno in realtà quello che l'intera società ha in comune. Questo è valido in ogni epoca: la maggioranza delle persone fa quello che che la società determina, con le proprie regole. Siamo in realtà agiti dalle norme sociali e non ce ne rendiamo quasi conto. E non sto parlando di mode, ma proprio della realtà quotidiana, dal lavoro che ci troviamo al post di Facebook. Molto, se non tutto, è determinato da quello che già pensano gli altri. Siamo figli del nostro tempo, e pensiamo di volere tutto quello che vogliamo in maniera indipendente. Quando il cittadino medio, comincerà a vedere i paraocchi che la società gli mette dalla culla alla tomba, dalla scelta delle canzoni da mettere al voto espresso in cabina elettorale, allora ci sarà maggiore rispetto e considerazioni per gli studi sociali, e per quello che si può determinare togliendo i paraocchi e scegliendo razionalmente il nostro presente, il nostro futuro.

domenica 31 luglio 2011

Che c'entra la barista sfruttata con i carri armati ?

Io non sono comunista. Un'affermazione che oggi, segna uno spartiacque, mette al riparo da tante cattiverie, come ieri. Già ma non serve seguire il marxismo e il leninismo, per capire che il profitto del capitalista passa, ma non solo, sulla differenza tra quanto egli estrae dal lavoro altrui e quanto paga quanto estratto. Considero cioé, vero l'assunto di K. Marx per cui una barista oggi, come nel passato i minatori inglesi, non viene pagata per quanto fa guadagnare al proprietario del bar.
Il lavoro è una merce sottopagata, e lo si evince anche dalla falsa coscienza che aleggia all'interno del bar, dove il proprietario sa che sta pagando poco un lavoro che rende tanto, e la barista ha la netta sensazione che la stiano sfruttando. Questo accade da sempre, e il movimento comunista e socialista hanno il merito di averlo sottolineato in modo chiarissimo, e per i secoli a venire.
Il fatto che però, insieme alle rivendicazioni, siano arrivate pure le dittature comuniste, e i morti, e i carri armati a Praga, in Ungheria, i gulag e le purghe, hanno posto storicamente in secondo piano come ancora oggi, e forse, amaramente, sempre, la barista starà lì, dietro il bancone, ad essere sfruttata in una società dove anche il ricordo del bene che c'era dietro gli scritti di Marx ed Engels è sepolto sotto milioni di uccisi in nome della lotta di classe.
E' come se il capitale avesse avuto il patentino di sfruttatore, a ragione, per via delle mostruosità di burocrazie che agivano in nome della classe lavoratrice. Ma questo non deve essere, è un'assurdità storica anch'esso, concedere alle classi dirigenti di una democrazia occidentale il potere di rifiutare un conflitto tra interessi contrapposti, che proprio in quanto dovuto al lavoro è democraticamente possibile tollerare ed accettare.

domenica 10 luglio 2011

Il paradigma errato della comunicazione su Berlusconi

Ho un'opinione su ciò che costituisce il modo con cui gli italiani trattano la comunicazione riguardante Silvio Berlusconi che è molto personale, e non tutti potrebbero essere d'accordo. E' derivante da una sensazione, dovuta a ore passate ad informarmi sull'arcorese premier.

In una forma di trattamento delle informazioni non viziata, dovrebbero essere i fatti che riguardano Berlusconi ad essere considerati centrali, e solo dopo le sue dichiarazioni, il suo punto di vista. Dovrebbe essere importante soprattutto una condanna di Berlusconi per il Lodo Mondadori, e non la personale opinione del Presidente del Consiglio, pur cosa di rilievo, a far riflettere le persone sul ruolo politico e sociale del Silvio nazionale.
Io noto invece che al centro dei commenti, degli articoli, della considerazione di tutti ci sono proprio le notizie di come Berlusconi tratta i proprio fatti, i propri interessi.

Se ci pensate bene, quando saranno passati 40-50 anni, e Berlusconi sarà probabilmente trapassato, ciò che conterà non sarà la sua personale opinione sul processo Mills, sul Lodo Mondadori, non saranno le sue dichiarazioni sui fatti, ma i fatti stessi e la loro incidenza sulla vita della nostra nazione ad essere determinanti per far avere opinioni, per informare la gente del nostro futuro sulla vita degli italiani a cavallo dei due millenni.

Perciò trovo assurdo che sia centrale un'opinione pur da protagonista per decidere se c'è stata corruzione, se una manovra finanziaria sia ottimale per i problemi d'Italia. Non si dovrebbe solo considerare come il Silvio nazionale considera accuse e critiche, lodi e elettori, ma vedere cosa effettivamente bolle in pentola. Per usare una metafora, non si chiede al cuoco se il cibo è buono, ma lo si assaggia, lo si offre a persone di nostra fiducia, lo si valuta per quello che è.

Ripeto: non tutti saranno d'accordo con me, magari un giornale vende e venderà di più con la polemica tra Berlusconi e i magistrati, tra Bersani e Ghedini, ma penso che gli italiani dovrebbero aprire maggiormente gli occhi e cominciare a scrollarsi di dosso l'assolutà centralità delle parole di Silvio Berlusconi, come se parlasse dal balcone di piazza Venezia, per tornare a giudicare la Storia come un insieme legato di fatti, che tutti riguardano e tutti contribuiscono a realizzare, ognuno per il proprio peso e con le proprie colpe e meriti.

lunedì 13 giugno 2011

Chi ci difende dalla non punibilità ?

In questo nostro Stato, abbiamo un deficit di rappresentanza politica, un malcostume tra illegalità e comportamenti indesirabili da parte della classe dei politici per i quali suppliscono i magistrati con le loro inchieste, con i loro processi volti a raddrizzare la colonna vertebrale di questa nostra bistrattata democrazia. La mia riflessione di questi secondi si riferisce ad un vuoto che mi sembra di sentire enorme: e se le leggi, il codice penale non prescrivono di indagare, di reprimere certi comportamenti della classe dirigente, dei politici come degli imprenditori, come possiamo avere una supplenza della magistratura in certi settori, su certi temi.
Fornisco un esempio: se le aziende ricorrono selvaggiamente al meccanismo del precariato, continuamente, in modo scientifico, come possono i lavoratori bistrattati e umiliati da contratti svilenti lottare contro comportamenti che legalmente non sono o non sono ancora legalmente punibili.
Ecco un dramma: se in Italia la magistratura ha una funzione vicaria della politica, laddove non può intervenire abbiamo un vacuum, una mancanza grave di fronte ad azioni che pur non essendo illegali sarebbero ricondotte da una buona politica e da una buona classe dirigente nell'alveo del comportamento corretto, auspicabile. Invece così i lavoratori, ad esempio, si sentono soli di fronte ad un mercato che li svaluta, sia nel potere di acquisto sia pretendendo una flessibilità disumanizzante e totale, che va a minare la loro vita come coerente progetto di sviluppo umano in una società civile e moderna oltre che democraticamente ben governata.

sabato 11 giugno 2011

La socializzazione primaria conta di più dei media per la visione del mondo



Sono sempre più convinto che è inutile parlare di effetti pervasivi dei media quando ci si dimentica dell'influenza determinante delle istituzioni di socializzazione primaria quali la famiglia e la scuola.
Il nostro modo di vedere la cultura, di scegliere istanze e opinioni sulla e nella vita, è troppo determinato da come ci hanno educato nei primi anni della nostra vita per essere completamente determinato dalle relazioni su Internet o dalla fiction tv e cinematografica, dall'informazione dei mass-media.
Tra la lettura del pensiero di Luckmann, i miei studi sociologici e l'esperienza quotidiana (non molta, sono giovane, ma c'è) sono portato sempre più a credere che la nostra visione del mondo è determinata in primo luogo dai paraocchi o semplicemente dalle modalità in cui siamo cresciuti in famiglia o con l'istruzione primaria e in secondo luogo dagli stimoli che ci arrivano successivamente. Ma una volta tirato su l'adulto, esso vede le cose non come gli dicono di vederle, ma basicamente come sente interiorizzato dentro di sé il mondo. Vede il mondo con i canali percettivi della mente creati dall'educazione, dalle visioni del mondo dell'istruzione e della dialettica con il mondo della scuola. Una "bigotta", ad esempio, uscita fuori dal suo mondo familiare e scolastico, difficilmente potrà poi accendere la TV e subire semplicemente le più grandi aperture al mondo, al multiculturalismo, alla devianza: tutto sarà filtrato da ciò che ormai sente del mondo, interiorizzato. Ma mano che faccio esperienza della gente, sento mia questa opinione maggiormente.

giovedì 2 giugno 2011

Troppo Silvio

Ormai chi mi segue su Facebook sa del fatto che buona parte dei miei link sul social network sono ispirati o direttamente riguardanti Silvio Berlusconi, il nostro Presidente del Consiglio in carica.
Anche se considero una battaglia giusta svelare al mondo quanto sia nefasto per il Paese il suo impegno politico, devo dire che questa corre il rischio di essere un'ossessione vera e propria, dato che magari per impegnarmi, continuamente, a pubblicare cose contrarie al premier, sottraggo tempo ed energie ad altri temi, che forse, con più lungimiranza, potrebbe essere meritevoli di spazio nelle Home dei miei amici in Rete.
Si sa, però, che le energie uno non può decidere dove indirizzarle, non quando istintivamente prorompono forti ad indicare quale strada maestra seguire per aiutare, nel contrasto, questo nostro Paese a risollevarsi, anche fosse nei milionesimi di spazio utile a disposizione.

Vorrà dire che mi prometto, ancora una volta, di utilizzare il tempo e lo spazio personali anche per affermare in positivo qualcosa che mi sta a cuore. L'ho fatto comunque ricordando per esempio, quanto sia dannoso il nucleare come risorsa per il nostro Paese.

Lo farò ancora, spero, con le armi della dialettica e del ragionamento interessandomi di sociologia, comunicazione, volendo affermare il diritto universale a ragionare liberamente dei propri interessi, con il fine ultimo di migliorare gli altri e, se non ci dovessi riuscire, di allietare perlomeno la lettura per alcuni minuti su argomenti interessanti.

giovedì 19 maggio 2011

Statua di Giovanni Paolo II


E' stata inaugurata in queste ore a Roma, alla presenza del sindaco G. Alemanno, la statua di 5 metri dedicata al precedente papa, Giovanni Paolo II, beatificato il 1° maggio 2011.
La statua è presente in piazza dei Cinquecento, antistante la stazione Termini, la stazione ferroviaria più importante della capitale.

In un sondaggio di Repubblica.it, il 93% dei lettori alle ore 9.30 del 19/05/2011 ha decretato che la statua non piace. Molti fedeli hanno storto il naso durante l'inaugurazione.
Qualcuno si è spinto a dire, come ha fatto un sacerdote, che sembra una garritta militare sventrata. Mia madre ha detto che assomiglia ad una specie di vespasiano.

Io la trovo semplicemente un orrore, che abbruttisce il ricordo di un meraviglioso, grande e sant'uomo. Non mi interessa il discorso critico sulle qualità dell'arte contemporanea insita nel manufatto. Mettessero l'opera alla Biennale. Roma deve ricordare un papa, non essere violentata dalle proiezioni delle fantasie degli artisti odierni.

mercoledì 11 maggio 2011

Il grande comunicatore


Berlusconi il grande comunicatore... bisogna proprio essere dei geni per dire che l'altra parte politica puzza ? Per me è solo l'ennesima dimostrazione che sono gli italiani che gli perdonano tutto, non lui un gigante della comunicazione. Il merito è del clima televisivo, mediatico che si è costruito: una parte del Paese è sempre con lui, per dovere redazionale !

Riprendo dal mio sito www.robertodimolfetta.it

"Vorrei trattare di una mia teoria. Quella che vuole che si debba spiegare il successo avuto da Silvio Berlusconi come un successo profondamente legato a strutture proprie dei processi mediatici. Strutture profonde, di cui spesso la gente comune non ha sentore. Io personalmente studio scienze della comunicazione, anche se non ne sono un paladino o un profondo conoscitore. Ma ho imparato, in questi hanno di assimilazione culturale, che un prodotto mediatico ha delle strutture profonde che permettono ai creatori di portare letteralmente per mano il lector a parteggiare per un determinato protagonista, al di là del bene e del male, e delle iniziali opinioni morali e convincimenti personali dello stesso fruitore dell'opera.
In un film, ad esempio, non conta la corrispondenza tra le virtù del protagonista e i convincimenti individuali di chi lo vede: contano strutture profonde narrative, come afferma una certa scienza semiotica, che portano il protagonista ad essere il beniamino del pubblico, il quale è trascinato dagli eventi e dai suoi comportamenti in un percorso virtuoso dove egli esce premiato, esaltato, compreso e quindi alla fine amato.

Ecco perché anche in film dove il protagonista, l'eroe, è un violento e arrogante criminale (Scarface) oppure un boss mafioso, anche chi non è pregiudizialmente favorevole alla mafia (quanti lo sono di principio ?) in realtà si trova psicologicamente a prendere le parti, a difendere col pensiero, a tifare letteralmente per il medesimo [a dispiacersi della sua morte. Qualcosa di simile è accaduto persino per taluni dispiaciuti per la morte di Osama bin Laden, una sorta di anti-eroe dall'aria ormai familiare, il brigante del Sud del mondo che lotta contro i dominatori americani]. Perché non sono le virtù del protagonista che ce lo rendono amico, ma i percorsi narrativi scelti dallo sceneggiatore, dal regista, il carisma degli attori e in ultimo la qualità di questi fattori come opera definita e definitiva.

Perciò io ritengo che Silvio Berlusconi, nell'insieme mediatico dei suoi tre canali televisivi e dei suoi giornali, abbia svolto la parte del beniamino del pubblico casalingo per motivi che affondano le loro radici nei meccanismi persuasivi psicocomunicativi: egli è stato eletto, prima ancora che, nel 1994, parlamentare e poi Presidente del Consiglio, come beniamino del pubblico per via del suo impersonare il ruolo di 'eroe' mediatico, di uomo di buona volontà, di uomo capace e coraggioso, di affidabile. Il suo ruolo è stato da lui impersonato incastonandosi in una struttura narrativa, non di fiction, ma realmente assimilabile a quella che vuole il protagonista di un'opera mediatica come protagonista delle speranze, dei sogni, delle emozioni provate dalle persone comuni che seguono l'opera.

Il canovaccio è stato quello di predestinato a salvare l'Italia dal marciume politico dei suoi anni, a renderla economicamente forte, politicamente prestigiosa, emotivamente stabile. Il percorso narrativo è fatto di ore e ore di programmazione a senso unico in cui i dipendenti di Silvio Berlusconi, come Liguori, Fede ed altri hanno inviato precisi segnali su come interpretare fatti e dichiarazioni, in un senso che personalmente ritengo unico e che alla fine hanno fatto del principale attore di questo percorso narrativo, Silvio Berlusconi, l'unica vera alternativa percepita nel profondo della psiche da milioni di italiani a una classe politica sentita altrimenti estranea, lontana, nemica. Come in ogni buon film magistralmente scritto, diretto ed interpretato.

martedì 10 maggio 2011

Lo scarto tra potenti e popolo

Uno dei motivi per cui i popoli perdono e i potenti vincono risiede nel fatto che dal secolo scorso i potenti conoscono la gente comune molto più di come la gente comune conosce se stessa. Sociologia, psicologia, comunicazione, marketing e così via hanno permesso di creare un gap, uno scarto per dominare menti e comportamenti, cancellando la democrazia come realtà vissuta, rendendola una mera virtualità.

giovedì 5 maggio 2011

I criminali al cinema


Una cosa che non mi piace del cinema di successo odierno, soprattutto quello di azione, è che mette al centro delle storie dei personaggi dediti al crimine. Capisco personaggi combattuti, dubbi, cui si poteva dare credito come eroi della società post-moderna, ma film come "Faster", "Animal", "Fast & Furious", per non parlare del classico pur bellissimo di De Palma 'Scarface' ,considerano 'eroi' della pellicola dei veri delinquenti, dei fuorilegge incalliti. E i giovani sembrano apprezzare... basti pensare all'adorazione nel Web per il personaggio di Tony Montana. Cioé come lamentarsi del bullismo, della violenza nella società se nei film forniamo il modello di un trafficante di droga, di un rapinatore che uccide per vendetta, di un ex-poliziotto che diventa inseparabile amico di un rapinatore ?
Il fatto che Hollywood sia capace di trasformare in buono, grazie a meccanismi comunicativi collaudati, anche persone dalla fedina penale sporchissima, non deve farci dimenticare che eroi normali potrebbero essere lo studente che si mantiene consegnando pizze a domicilio, lo scrittore impegnato di successo, la donna coraggiosa che si ribelle al suo marito violento, e così via.
Certo l'azione più spettacolare di solito la fanno rapinatori, assassini, trafficanti, non la casalinga di Voghera. Ma trovo veramente ingiusto educare generazioni di giovani, che non leggono articoli di inchiesta, libri, a vedere in delinquenti un faro su cui far nascere e crescere le proprie fantasie, sogni, occasioni di riscatto alla noia del vivere quotidiano, anche fosse solamente al cinema o in un film scaricato da Internet.

domenica 1 maggio 2011

La magia, nelle parole

Noi, intendo noi italiani, europei, occidentali, crediamo che per il fatto stesso di aver raggiunto traguardi tecnici e tecnologici elevati, non ultimi la conquista della Luna, la bomba atomica, i trapianti di organi, siamo per queste vette dell'intelligenza razionale al riparo dall'oscurità primitiva delle società meno evolute, dalla fede in maghi e stregoni che ci incantano con i loro anatemi, con le loro formule rituali.
Io credo, in realtà, che al fascino evocativo della parola, alla potenza comunicativa che mette in sintonia carisma personale e istinti delle masse neanche le nostre cosidette avanzate democrazie occidentali sappiano resistere.
Anzi, se nei laboratori e nelle industrie il metodo scientifico, la catena di montaggio hanno definitivamente tolto spazio all'improvvisazione, all'istinto misto a passioni e fedi in misteri atavici, paradossalmente è proprio nella sfera della comunicazione di massa e della politica che le stesse antiche pulsioni, che gli stessi primordiali impulsi umani si trovano a sopraffare il ragionamento, la concatenazione logica degli avvenimenti, il rapporto causa-effetto, la linearità, la falsificabilità degli esperimenti.
Anche il più attento e scrupoloso lettore, telespettatore, spettatore o uditore di comizio non si troverà immune, ancor'oggi, dal sentire in se risuonare le corde di uno strumento che imbonitori, poeti, tiranni, sofisti hanno utilizzato per millenni: quello che si alimenta di luoghi comuni, di istinti, di passioni, in definitiva di ciò a cui noi esseri umani siamo debitori in ogni epoca, di ciò che permette a dittatori di ogni risma, a politicanti profittatori, a truffatori della parola di dominarci, nonostante l'analisi rigorosa delle loro azioni e della storia ci permetta di avere strumenti validi per opporci a loro, come impostori nel detenere il controllo delle nostre menti e delle nostre azioni.
Perciò sono pessimista per l'agire politico unito all'azione delle masse: non sarà mai così convincente come la parola rispetto ai fatti, l'aspetto rispetto alla sostanza, l'immagine pubblica rispetto alla realtà privata, le mille verità di feudatari campioni di eloquenza ma non di verità.
In definitiva, siamo in mano alla comunicazione migliore, non ai migliori.

mercoledì 20 aprile 2011

Gatto bipede


Adoro i gatti. Proprio perché li trovo adorabili, come dei bambini, temo di non saperli tenere con me, per paura di non saperli gestire. Di qui, il fatto che non ne possiedo uno; ma al contempo, ogni volta che mi imbatto con loro, trovo motivi per essere intenerito, divertito e spesso ne esco di buon umore.

lunedì 4 aprile 2011

Perché è così bello il Sole ?

Stavo riflettendo, proprio in questi giorni che il Sole torna alla meraviglia visibile, al miracolo, semplice e quotidiano di esserci, potente e magnifico.
Riflettevo: come mai è così bello il Sole, al di là dei vantaggi pratici di tutti i giorni ?

Perché è il sorriso di Dio. E' come se, nel nostro animo, in una giornata di un vivo Sole noi avessimo l'Iddio dalla nostra parte, è come se ci sorridesse, ci accarezzasse, portandoci per mano, come se chi ci ha creato, lassù, ci portasse a sperare della sua luce meravigliosa in maniera più presente che mai.

Non lo dico da religioso, ma da laico. Psicologicamente sappiamo tutti quanto è importante il rapporto con i nostri genitori per il nostro benessere psichico. Ed è proprio questo benessere che il Sole porta con sé: la sensazione che non siamo soli, che c'è un'energia, un padre che può portare ricchezza alle nostre giornate solamente per il fatto stesso di vivere e perché no, di sognare, di sperare.

Quindi non è solo un disco giallognolo in cielo il segreto della bellezza di una giornata. E' più profondo di tutto, perché è dentro di noi, questo segreto: è Dio padre, vero o sperato, che ci sorride e ci fa sentire più forti, più vivi, in una rinnovata Primavera.

mercoledì 23 marzo 2011

lunedì 21 marzo 2011

Ceccano by Francesco Di Mario


Un video da me realizzato, con fotografie del mio amico ceccanese Francesco Di Mario.

sabato 12 marzo 2011

Nucleare, Mario Tozzi: “La politica farebbe meglio a stare zitta”

Nucleare, Mario Tozzi: “La politica farebbe meglio a stare zitta”

Duro attacco del geologo alle reazioni della maggioranza di governo di fronte alla minaccia atomica proveniente dal Giappone distrutto dal terremoto

“Sono degli irresponsabili. Parlassero di meno e studiassero di più”. Mario Tozzi, maître à penser e mezzobusto televisivo dell’ambientalismo italiano, non usa mezzi termini nel commentare le reazioni di casa nostra al terremoto giapponese e alla minaccia di disastro nucleare. Le dichiarazioni dei vari Fabrizio Cicchitto e Pierferdinando Casini, a Tozzi non sono proprio piaciute. E’ un fiume in piena: “C’è da rimanere allibiti. Questi politici fanno finta di esser dei teorici di fisica nucleare. Non hanno nemmeno la decenza di usare la cautela che in situazioni come questa dovrebbe essere d’obbligo”.

Non parlate a Tozzi poi dell’editoriale di oggi del Messaggero a firma di Oscar Giannino. Un articolo che ha scalato la classifica delle dichiarazioni al buio che poi sono state clamorosamente smentite. Il giornalista scriveva che quanto accaduto in Giappone era “la prova del nove” della sicurezza dell’energia prodotta dall’atomo. “Che figura miserrima quella di Giannino – attacca Tozzi – Ma a una cosa è servita: a smascherare l’abitudine italiana di salire in cattedra e di parlare di cose che non si conoscono”.

Di fronte alla minaccia di un disastro nucleare, la parola d’ordine della lobby nucleare nostrana è minimizzare. “Anche l’incubo che sta vivendo il Giappone in queste ore con il danneggiamento di un reattore – continua il giornalista – in Italia viene declinato a mero strumento di propaganda politica e ideologica. Difendono l’atomo solo perché non possono tornare indietro”.

Secondo il conduttore di “Gaia, il pianeta che vive” (che tornerà in onda su Rai Tre a partire dal 31 marzo) le bugie più macroscopiche della lobby pro-atomo sono due: la sicurezza e l’economicità di questa fonte di energia. Che la tragedia giapponese le sta drammaticamente mettendo a nudo.

“Le centrali nucleari giapponesi – spiega Tozzi – sono state costruite per sopportare un terremoto di 8,5 gradi della scala Richter. Poi cos’è successo? E’ arrivato un sisma di 8,9 e le strutture non hanno retto”. Le centrali italiane saranno costruite per resistere a delle scosse di circa 7,1 gradi, ma, come sostiene Tozzi, “chi ci assicura che un giorno non arriverà un sisma più potente?”. Nessuno, appunto. Perché i terremoti sono fenomeni che non si possono prevedere. Inoltre il disastro giapponese è avvenuto nel paese tecnologicamente più avanzato del mondo. A Tokio infatti è radicata una seria cultura del rischio che è frutto di una profonda conoscenza di questi fenomeni. “Con quale faccia di tolla i vari Cicchitto ci vengono a vendere l’idea che in Italia, in caso di terremoto, le cose possano andare meglio che in Giappone? Il terremoto dell’Aquila se si fosse verificato in Giappone non avrebbe provocato neanche la caduta di un cornicione. Da noi ha causato 300 morti. Chi può credere alle farneticazioni sulla sicurezza del nucleare italiano?”, chiede sarcasticamente Tozzi. E’ vero che l’incidente nucleare è più raro, ma è altrettanto vero che è mille volte più pericoloso. E il caso giapponese, secondo Tozzi, è da manuale: “Se a una centrale gli si rompe il sistema di raffreddamento diventa esattamente come un’enorme bomba atomica. Forse è questa la prova del nove di cui parla Giannino”.

E poi c’è la questione della presunta economicità dell’energia prodotta dall’atomo. “I vari politici e presunti esperti – argomenta Tozzi – si riempono la bocca dicendo che il kilowattora prodotto dall’atomo è più economico di quello prodotto dalle altre fonti. Ma non è vero. Noi sapremo quanto costa realmente solo quando avremo reso inattivo il primo chilogrammo di scorie radioattive prodotto dalle centrali. E cioè fra 30mila anni”. Secondo il giornalista, la lobby che vuole il ritorno del nucleare propaganda la sua convenienza economica senza tenere conto dell’esternalità, e cioè dei costi aggiuntivi che ne fanno lievitare il prezzo. Che vanno dallo smaltimento delle scorie (problema che nessun paese al mondo ha ancora risolto definitivamente) ai costi sociali ed economici di un eventuale incidente. “Sono soldi che i nuclearisti non conteggiano – dice Tozzi – perché sono costi che ricadranno sui cittadini e sulle generazioni future”.

Il 12 giugno è in programma un referendum che, fra le altre cose, chiede l’abrogazione del ritorno all’atomo dell’Italia. Il rimando a quanto successe a Chernobyl nel 1987, alle grandi mobilitazioni antinucleariste fino al referendum che sancì l’abbandono dell’energia nucleare è quasi d’obbligo. Ma a Mario Tozzi il paragone non convince: “Veniamo da 25 anni di addormentamento delle coscienze. Oggi abbiamo gente come Chicco Testa e Umberto Veronesi che fanno i finti esperti e spot ingannevoli che traviano l’opinione pubblica”. Insomma, il legame fra l’incidente che scosse le coscienze e il voto popolare che funzionò nel 1987, oggi potrebbe fallire. Ma il 12 giugno non si voterà solo per dire no all’atomo. I cittadini saranno chiamati anche ad esprimersi contro la privatizzazione delle risorse idriche e contro la legge sul legittimo impedimento. Temi che, affianco al no all’atomo, potrebbero convincere i cittadini ad andare alle urne. E consentire alla tornata referendaria di raggiungere il quorum.

di Lorenzo Galeazzi e Federico Mello