martedì 26 ottobre 2010

Presunzione e umiltà


Ho notato troppa presunzione oggi... una faccia un poco graziosa crea arie da Miss Universo, una macchina non utilitaria crea testacoda per parcheggiare, un vestito nuovo trasforma una donna in una dea, un piccolo pensiero da l'illusione di essere un'intellettuale... senza l'umiltà quali traguardi potremo raggiungere noi giovani d'oggi ?

venerdì 22 ottobre 2010

Abilità artigianale e capitalismo flessibile

Vi cito dal testo di R. Sennett "La cultura del nuovo capitalismo".

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Il termine 'abilità' è perlopiù impiegato in riferimento a lavoratori manuali e indica la ricerca della qualità, ad esempio nel costruire un violino, un orologio o un vaso. E' però un punto di vista troppo ristretto. Esiste anche l'abilità intellettuale, ad esempio la capacità di scrivere in modo chiaro; l'abilità sociale potrebbe consistere nel dar vita ad un matrimonio solido. Una definizione esaustiva potrebbe essere questa: fare bene una cosa per se stessa. [...]
L'abilità artigianale dà grande rilievo all'oggettivazione. Quando Nicolò Amati costruiva un violino non esprimeva se stesso attraverso quel violino. Egli costruiva un violino. Qualsiasi cosa Amati provasse, investiva se stesso, per così dire, in quell'oggetto e si giudicava a seconda che lo avesse fatto bene o male. Non ci interessa se Amati fosse depresso o felice quando lavorava. Questo significa oggettivazione: una cosa che è fatta per valere in se stessa. [...]
Intesa in questo senso, l'abilità artigianale non si trova a suo agio nelle istituzioni del capitalismo flessibile. Il problema sta nella seconda parte della definizione: far bene una cosa per se stessa.
Quanto più si capisce come fare bene qualcosa, tanto maggiore è il valore che vi si attribuisce.
Tuttavia, le istituzioni basate su transazioni a breve termine e su compiti che cambiano costantemente non favoriscono affatto questo 'ethos' del lavoro. Possono addirittura temerlo.
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Inutile dire che Amati esprimeva anche se stesso quando faceva un oggetto... anche non volente... ma la solidità del ragionamento di Sennett rimane in piedi.

venerdì 15 ottobre 2010

Tir, sociologia e Bruno Vespa


Stavo leggendo su Repubblica.it la seguente introduzione ad un'inchiesta sui guidatori di veicoli pesanti:

Tanti chilometri, niente riposo. E chi si ribella è fuori perché ci sono molti stranieri pronti a subentrare per pochi soldi. Il ribasso selvaggio è uno dei connotati del settore. Il 37% dei sinistri in autostrada coinvolge i Tir.

Pensavo che questo semplice incipit, fulminante, fosse da monito a quanti considerano la sociologia, la scienza della società, qualcosa di superfluo, di inutile, una perdita di tempo. Se invece di pensare di intervenire su fatti che hanno un'origine sociale si conoscessero a priori i fatti stessi con un'indagine sociologica seria e approfondita, non ci si troverebbe sempre in ritardo a mettere mano ai problemi con delle leggi rimediate e posticcie.
La sociologia del lavoro, per esempio, non si discosta molto nei suoi fini da quello che l'inchiesta di Repubblica vuole apprendere e far apprendere ai lettori del quotidiano. Sono i metodi che inoltre potrebbero arricchire le conoscenze dei cittadini, dello Stato di fronte alla realtà analizzata dal giornale: quella di pressioni dei datori di lavoro sui lavoratori che sfociano in un problema di sicurezza per tutti.

Non sono un sociologo del lavoro, anche se per cursus studiorum mi sono imbattuto nello studio della sociologia e anche nella sociologia del lavoro. Devo dire che ciò mi aperto la mente a quante cose, non in alternativa, ma in aggiunta al bagaglio di saperi sulla realtà del mondo del lavoro si potrebbero padroneggiare, quel tanto che basta da incanalare inchieste come quelle del quotidiano La Repubblica sui binari di un discorso scientifico rigoroso e articolato.

Perciò, caro dott. Bruno Vespa, di fronte alle tue considerazioni sulla sociologia come inutile, quando proprio un sociologo (Renato Mannheimer) si occupa della cura e del commento dei sondaggi della tua trasmissione 'Porta a Porta', posso dire che, non solo negli Stati Uniti, dove la sociologia è stimata e pregiatissima, ci saranno sempre studiosi e appassionati che difenderanno la presenza delle scienze sociali tutte nei campi dello studio e dell'approfondimento dove queste scienze hanno molto da dare e da dire per il progresso della nazione e dell'umanità.

giovedì 14 ottobre 2010

Le nostre conquiste odierne

Siamo arrivati in un'epoca dove concettualmente tutti i traguardi sono stati raggiunti: a livello di pensiero siamo in democrazia, si difendono i più deboli, i diritti dei lavoratori sono sacrosanti, vige l'elogio della non-violenza.
Eppure ci rendiamo conto, in questo terzo millennio, che non bastava lottare contro i dittatori, i monarchi, la superstizione, l'ignoranza, la mancanza di scienza, di igiene, per avere una vita facile, rose e fiori.

Il Paradiso non è stato raggiunto nell'epoca moderna grazie alla stesura di Costituzioni, leggi, carte che ci dicono il bene. La realtà è che ogni giorno dobbiamo lottare per tutto, come se non avessimo conquistato nulla in millenni di civiltà raggiunta sulla carta.

Democrazia: tante teste, tante opinioni, difficile trovare un punto fermo. Tutto è messo a dura prova, e già in politica si vede l'asprezza di un presente dove abbiamo raggiunto tutto sulla carte, ma nei fatti siamo persi, quotidianamente.

venerdì 8 ottobre 2010

Il governo dei fatti

Santanché parlava del governo come governo dei fatti e di Anno Zero come luogo delle parole; vorrei ricordare che l'informazione e il governo della Repubblica sono funzioni sociali distinte e complementari, e come fare decreti e amministrare serve a realizzare interessi politici, così discutere, informarsi, fare cultura politica è necessario affinché quegli interessi si formino in maniera seria e consapevole.