venerdì 22 ottobre 2010

Abilità artigianale e capitalismo flessibile

Vi cito dal testo di R. Sennett "La cultura del nuovo capitalismo".

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Il termine 'abilità' è perlopiù impiegato in riferimento a lavoratori manuali e indica la ricerca della qualità, ad esempio nel costruire un violino, un orologio o un vaso. E' però un punto di vista troppo ristretto. Esiste anche l'abilità intellettuale, ad esempio la capacità di scrivere in modo chiaro; l'abilità sociale potrebbe consistere nel dar vita ad un matrimonio solido. Una definizione esaustiva potrebbe essere questa: fare bene una cosa per se stessa. [...]
L'abilità artigianale dà grande rilievo all'oggettivazione. Quando Nicolò Amati costruiva un violino non esprimeva se stesso attraverso quel violino. Egli costruiva un violino. Qualsiasi cosa Amati provasse, investiva se stesso, per così dire, in quell'oggetto e si giudicava a seconda che lo avesse fatto bene o male. Non ci interessa se Amati fosse depresso o felice quando lavorava. Questo significa oggettivazione: una cosa che è fatta per valere in se stessa. [...]
Intesa in questo senso, l'abilità artigianale non si trova a suo agio nelle istituzioni del capitalismo flessibile. Il problema sta nella seconda parte della definizione: far bene una cosa per se stessa.
Quanto più si capisce come fare bene qualcosa, tanto maggiore è il valore che vi si attribuisce.
Tuttavia, le istituzioni basate su transazioni a breve termine e su compiti che cambiano costantemente non favoriscono affatto questo 'ethos' del lavoro. Possono addirittura temerlo.
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Inutile dire che Amati esprimeva anche se stesso quando faceva un oggetto... anche non volente... ma la solidità del ragionamento di Sennett rimane in piedi.

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