mercoledì 11 maggio 2011

Il grande comunicatore


Berlusconi il grande comunicatore... bisogna proprio essere dei geni per dire che l'altra parte politica puzza ? Per me è solo l'ennesima dimostrazione che sono gli italiani che gli perdonano tutto, non lui un gigante della comunicazione. Il merito è del clima televisivo, mediatico che si è costruito: una parte del Paese è sempre con lui, per dovere redazionale !

Riprendo dal mio sito www.robertodimolfetta.it

"Vorrei trattare di una mia teoria. Quella che vuole che si debba spiegare il successo avuto da Silvio Berlusconi come un successo profondamente legato a strutture proprie dei processi mediatici. Strutture profonde, di cui spesso la gente comune non ha sentore. Io personalmente studio scienze della comunicazione, anche se non ne sono un paladino o un profondo conoscitore. Ma ho imparato, in questi hanno di assimilazione culturale, che un prodotto mediatico ha delle strutture profonde che permettono ai creatori di portare letteralmente per mano il lector a parteggiare per un determinato protagonista, al di là del bene e del male, e delle iniziali opinioni morali e convincimenti personali dello stesso fruitore dell'opera.
In un film, ad esempio, non conta la corrispondenza tra le virtù del protagonista e i convincimenti individuali di chi lo vede: contano strutture profonde narrative, come afferma una certa scienza semiotica, che portano il protagonista ad essere il beniamino del pubblico, il quale è trascinato dagli eventi e dai suoi comportamenti in un percorso virtuoso dove egli esce premiato, esaltato, compreso e quindi alla fine amato.

Ecco perché anche in film dove il protagonista, l'eroe, è un violento e arrogante criminale (Scarface) oppure un boss mafioso, anche chi non è pregiudizialmente favorevole alla mafia (quanti lo sono di principio ?) in realtà si trova psicologicamente a prendere le parti, a difendere col pensiero, a tifare letteralmente per il medesimo [a dispiacersi della sua morte. Qualcosa di simile è accaduto persino per taluni dispiaciuti per la morte di Osama bin Laden, una sorta di anti-eroe dall'aria ormai familiare, il brigante del Sud del mondo che lotta contro i dominatori americani]. Perché non sono le virtù del protagonista che ce lo rendono amico, ma i percorsi narrativi scelti dallo sceneggiatore, dal regista, il carisma degli attori e in ultimo la qualità di questi fattori come opera definita e definitiva.

Perciò io ritengo che Silvio Berlusconi, nell'insieme mediatico dei suoi tre canali televisivi e dei suoi giornali, abbia svolto la parte del beniamino del pubblico casalingo per motivi che affondano le loro radici nei meccanismi persuasivi psicocomunicativi: egli è stato eletto, prima ancora che, nel 1994, parlamentare e poi Presidente del Consiglio, come beniamino del pubblico per via del suo impersonare il ruolo di 'eroe' mediatico, di uomo di buona volontà, di uomo capace e coraggioso, di affidabile. Il suo ruolo è stato da lui impersonato incastonandosi in una struttura narrativa, non di fiction, ma realmente assimilabile a quella che vuole il protagonista di un'opera mediatica come protagonista delle speranze, dei sogni, delle emozioni provate dalle persone comuni che seguono l'opera.

Il canovaccio è stato quello di predestinato a salvare l'Italia dal marciume politico dei suoi anni, a renderla economicamente forte, politicamente prestigiosa, emotivamente stabile. Il percorso narrativo è fatto di ore e ore di programmazione a senso unico in cui i dipendenti di Silvio Berlusconi, come Liguori, Fede ed altri hanno inviato precisi segnali su come interpretare fatti e dichiarazioni, in un senso che personalmente ritengo unico e che alla fine hanno fatto del principale attore di questo percorso narrativo, Silvio Berlusconi, l'unica vera alternativa percepita nel profondo della psiche da milioni di italiani a una classe politica sentita altrimenti estranea, lontana, nemica. Come in ogni buon film magistralmente scritto, diretto ed interpretato.

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