
Berlusconi il grande comunicatore... bisogna proprio essere dei geni per dire che l'altra parte politica puzza ? Per me è solo l'ennesima dimostrazione che sono gli italiani che gli perdonano tutto, non lui un gigante della comunicazione. Il merito è del clima televisivo, mediatico che si è costruito: una parte del Paese è sempre con lui, per dovere redazionale !
Riprendo dal mio sito www.robertodimolfetta.it
"Vorrei trattare di una mia teoria. Quella che vuole che si debba spiegare il successo avuto da Silvio Berlusconi come un successo profondamente legato a strutture proprie dei processi mediatici. Strutture profonde, di cui spesso la gente comune non ha sentore. Io personalmente studio scienze della comunicazione, anche se non ne sono un paladino o un profondo conoscitore. Ma ho imparato, in questi hanno di assimilazione culturale, che un prodotto mediatico ha delle strutture profonde che permettono ai creatori di portare letteralmente per mano il lector a parteggiare per un determinato protagonista, al di là del bene e del male, e delle iniziali opinioni morali e convincimenti personali dello stesso fruitore dell'opera.
In un film, ad esempio, non conta la corrispondenza tra le virtù del protagonista e i convincimenti individuali di chi lo vede: contano strutture profonde narrative, come afferma una certa scienza semiotica, che portano il protagonista ad essere il beniamino del pubblico, il quale è trascinato dagli eventi e dai suoi comportamenti in un percorso virtuoso dove egli esce premiato, esaltato, compreso e quindi alla fine amato.
Ecco perché anche in film dove il protagonista, l'eroe, è un violento e arrogante criminale (Scarface) oppure un boss mafioso, anche chi non è pregiudizialmente favorevole alla mafia (quanti lo sono di principio ?) in realtà si trova psicologicamente a prendere le parti, a difendere col pensiero, a tifare letteralmente per il medesimo [a dispiacersi della sua morte. Qualcosa di simile è accaduto persino per taluni dispiaciuti per la morte di Osama bin Laden, una sorta di anti-eroe dall'aria ormai familiare, il brigante del Sud del mondo che lotta contro i dominatori americani]. Perché non sono le virtù del protagonista che ce lo rendono amico, ma i percorsi narrativi scelti dallo sceneggiatore, dal regista, il carisma degli attori e in ultimo la qualità di questi fattori come opera definita e definitiva.
Perciò io ritengo che Silvio Berlusconi, nell'insieme mediatico dei suoi tre canali televisivi e dei suoi giornali, abbia svolto la parte del beniamino del pubblico casalingo per motivi che affondano le loro radici nei meccanismi persuasivi psicocomunicativi: egli è stato eletto, prima ancora che, nel 1994, parlamentare e poi Presidente del Consiglio, come beniamino del pubblico per via del suo impersonare il ruolo di 'eroe' mediatico, di uomo di buona volontà, di uomo capace e coraggioso, di affidabile. Il suo ruolo è stato da lui impersonato incastonandosi in una struttura narrativa, non di fiction, ma realmente assimilabile a quella che vuole il protagonista di un'opera mediatica come protagonista delle speranze, dei sogni, delle emozioni provate dalle persone comuni che seguono l'opera.
Il canovaccio è stato quello di predestinato a salvare l'Italia dal marciume politico dei suoi anni, a renderla economicamente forte, politicamente prestigiosa, emotivamente stabile. Il percorso narrativo è fatto di ore e ore di programmazione a senso unico in cui i dipendenti di Silvio Berlusconi, come Liguori, Fede ed altri hanno inviato precisi segnali su come interpretare fatti e dichiarazioni, in un senso che personalmente ritengo unico e che alla fine hanno fatto del principale attore di questo percorso narrativo, Silvio Berlusconi, l'unica vera alternativa percepita nel profondo della psiche da milioni di italiani a una classe politica sentita altrimenti estranea, lontana, nemica. Come in ogni buon film magistralmente scritto, diretto ed interpretato.
Riprendo dal mio sito www.robertodimolfetta.it
"Vorrei trattare di una mia teoria. Quella che vuole che si debba spiegare il successo avuto da Silvio Berlusconi come un successo profondamente legato a strutture proprie dei processi mediatici. Strutture profonde, di cui spesso la gente comune non ha sentore. Io personalmente studio scienze della comunicazione, anche se non ne sono un paladino o un profondo conoscitore. Ma ho imparato, in questi hanno di assimilazione culturale, che un prodotto mediatico ha delle strutture profonde che permettono ai creatori di portare letteralmente per mano il lector a parteggiare per un determinato protagonista, al di là del bene e del male, e delle iniziali opinioni morali e convincimenti personali dello stesso fruitore dell'opera.
In un film, ad esempio, non conta la corrispondenza tra le virtù del protagonista e i convincimenti individuali di chi lo vede: contano strutture profonde narrative, come afferma una certa scienza semiotica, che portano il protagonista ad essere il beniamino del pubblico, il quale è trascinato dagli eventi e dai suoi comportamenti in un percorso virtuoso dove egli esce premiato, esaltato, compreso e quindi alla fine amato.
Ecco perché anche in film dove il protagonista, l'eroe, è un violento e arrogante criminale (Scarface) oppure un boss mafioso, anche chi non è pregiudizialmente favorevole alla mafia (quanti lo sono di principio ?) in realtà si trova psicologicamente a prendere le parti, a difendere col pensiero, a tifare letteralmente per il medesimo [a dispiacersi della sua morte. Qualcosa di simile è accaduto persino per taluni dispiaciuti per la morte di Osama bin Laden, una sorta di anti-eroe dall'aria ormai familiare, il brigante del Sud del mondo che lotta contro i dominatori americani]. Perché non sono le virtù del protagonista che ce lo rendono amico, ma i percorsi narrativi scelti dallo sceneggiatore, dal regista, il carisma degli attori e in ultimo la qualità di questi fattori come opera definita e definitiva.
Perciò io ritengo che Silvio Berlusconi, nell'insieme mediatico dei suoi tre canali televisivi e dei suoi giornali, abbia svolto la parte del beniamino del pubblico casalingo per motivi che affondano le loro radici nei meccanismi persuasivi psicocomunicativi: egli è stato eletto, prima ancora che, nel 1994, parlamentare e poi Presidente del Consiglio, come beniamino del pubblico per via del suo impersonare il ruolo di 'eroe' mediatico, di uomo di buona volontà, di uomo capace e coraggioso, di affidabile. Il suo ruolo è stato da lui impersonato incastonandosi in una struttura narrativa, non di fiction, ma realmente assimilabile a quella che vuole il protagonista di un'opera mediatica come protagonista delle speranze, dei sogni, delle emozioni provate dalle persone comuni che seguono l'opera.
Il canovaccio è stato quello di predestinato a salvare l'Italia dal marciume politico dei suoi anni, a renderla economicamente forte, politicamente prestigiosa, emotivamente stabile. Il percorso narrativo è fatto di ore e ore di programmazione a senso unico in cui i dipendenti di Silvio Berlusconi, come Liguori, Fede ed altri hanno inviato precisi segnali su come interpretare fatti e dichiarazioni, in un senso che personalmente ritengo unico e che alla fine hanno fatto del principale attore di questo percorso narrativo, Silvio Berlusconi, l'unica vera alternativa percepita nel profondo della psiche da milioni di italiani a una classe politica sentita altrimenti estranea, lontana, nemica. Come in ogni buon film magistralmente scritto, diretto ed interpretato.
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