sabato 1 ottobre 2011

Critica sintetica al pensiero sociologico di Karl Marx


Traggo dal mio sito sulle scienze sociali il seguente testo intitolato:

Critica sintetica al pensiero sociologico di Karl Marx
Autore: Roberto Di Molfetta

Marx non inizia l'analisi storica da un vacuum, da un vuoto metafisico o sociale. Egli piuttosto, rovesciando la metafisica hegeliana, non si interessa in primis di ciò che è culturale, come immaginazione e rappresentazione nella mente umana; predilige come determinante il reale in quanto concreto, non significato da simboli o parole create dagli uomini o dai loro rapporti ideali; egli, cioé, "parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. "(Ideologia tedesca). Non ignora la cultura come insieme di significati condivisi socialmente ma individua come variabili principali della storia sociale, o della storia di ogni società, quelle che scaturiscono dalla materia, dall'oggettivo, dai meccanismi operanti oggettivamente nel generare l'assetto sociale.
Concreti, necessari, non ideali ma solo ideologizzabili, sono gli atti quotidiani come mangiare, dormire, abitare e gli altri atti insieme personali e sociali, diversi storicamente da un punto di vista antropologico-culturale ma materialmente in comune tra diverse società umane. Marx vuole in realtà evitare di dare credito alla filosofia classica e ai sogni individuali, che vorrebbero creare pensieri accessori, magari anche stimolanti espressivamente, simulacri ideali che guiderebbero il dispiegarsi delle azioni umane più dei bisogni degli individui, delle necessità psicologiche immanenti; sono i rapporti sociali, necessari come le stesse azioni che li generano, i quali, una volta creati dall'agire individuale, meccanicamente, come autentici sistemi materiali, predispongono le azioni e le condizioni esistenziali degli esseri umani. Produrre i mezzi di sussistenza è condizione che ha creato lo sviluppo storico sociale e che è creata dall'organizzazione fisica degli uomini impegnati (quest'ultimo concetto è approfondimento di F.Engels, Dialettica della natura).

L'analisi marxiana è si geniale ma unilineare, monolitica, dimentica dello stesso processo dialettico che Marx recupera da Hegel con sovrano sforzo anch'esso dialettico. È necessario considerare, infatti, la rilevanza storica della cultura e dei processi psicologici che legano gli esseri umani ai sistemi sociali o ai diversi stati attraversati dai sistemi sociali. Ogni essere umano, o gruppo di esseri umani, possiede una visione del mondo che unisce insieme reale conosciuto, immaginato e sperato. Difficile pensare altrimenti ad epoche storiche create dagli automatici spostamenti o aggiustamenti storici degli uomini rispetto alle condizioni materiali di produzione.
Un tentativo di maggiore rigore analitico prevede una critica sostanziale al materialismo storico marxiano: esso non doveva prescindere, per rimanere anch'esso realistico e non metafisico, dal necessario integrare nella sua visione non epoche dialetticamente considerate tra di loro, sorta di dialogo materiale tra fasi storiche, ma bensì di azioni ed interazioni sociali dialetticamente considerabili come interagenti su di un piano paritario, laddove il piano economico a lungo termine sopravvanza gli altri per questioni legate alla preminenza delle necessità rispetto alle volontà ideali, degli investimenti esistenziali come professioni e mestieri e relativi sistemi giuridici di sostegno rispetto ai sublimi voli pindarici dei sentimenti; possiamo sia vedere le epoche storiche, cioé, determinate dai rapporti meccanici del sistema sia osservare come volontà di scelta, pensiero, cultura condivisa e decisioni personali costituiscano determinanti che influenzano profondamente il momento di creazione o di mutamento del sistema sociale, oltre le specifiche esigenze economiche o comunque materiali e di produzione.

Il substrato strutturale fondamentale, creatore delle idee e delle culture sociali, attraverso un processo continuo di acquisizione di conoscenze oltre le necessità contingenti ma che dalle stesse nasce come stimolo che permetta la stessa vita umana, stimolo insieme tecnico, intellettuale ed ideale, è definito dalla parabola teorica marxista modo di produzione, rapporto tra uomo e natura, da un lato, e tra le persone agenti in una società, dall'altro.
Ogni modo di produzione presuppone rapporti di produzione, relazioni sociali del modo di produzione considerato. È qui che il pensiero di Marx si mostra lacunoso sul piano politico: esso impone come scientificamente osservabile il rapporto conflittuale scaturito dal modo di produzione, rapporto conflittuale tra le grandi classi considerate dalla storia rivisitata da Marx; come quelle che lui definisce proletariato e borghesia. Non è certo insieme conflittuale ed inverosimile una dicotomia reale tra ricchi borghesi e proletari; ma non è sufficiente separare le società umane in due sole classi, elefantiache per quantità e qualità, per ritrovare visualizzabili e riscontrabili tutti i conflitti, tutte le debolezze generatrici di conflittualità, tutte le ritrosie e le asperità generate dagli esseri umani formanti società. Marx radicalizza, forte di una preparazione poderosa in campo economico, il macroconflitto sociale tra datori di lavoro e prestatori di lavoro, conflitto inizialmente del mercato del lavoro dipendente, vedendo unicamente nell'interesse della classe borghese il male assoluto; quando, secondo Marx, gli sfruttati proletari avessero raggiunto l'egemonia politica come necessario interregno dittatoriale, avrebbero potuto realizzare la società senza classi, priva cioé della base stessa conflittuale storica, il conflitto interclassista.

Il collettivismo burocratico degli Stati che, storicamente, hanno applicato teorie di matrice marxista costituisce verifica empirica su di un fatto politico e storico: politicamente e sociologicamente, al variare delle dittature o all'instaurazione delle stesse non è seguito un programmaticamente procastinato socialismo senza classi e senza disuguaglianze, bensì sono nate proteiformi fasi di comunismo di genesi marxista, adeguato localmente, e di avvicinamento a forme di "capitalismo comunista", vero ossimoro politico moderno, guidate dalla programmazione centralizzata.
Si è insomma non realizzata una società che produce semplicemente senza conflitti di classe, ma soltanto instaurata una dittatura centralizzata a guida burocratica, con funzionari di partito autentici "aristocratici" del sistema comunista, o Nomenklatura, legati dalla centralità partitica a un normativismo totalitario giustificato da valori post-rivoluzionari; lo status quo è lontano dall'avere realizzato un sistema di gestione propedeutico, come programmi politici, economici, di riforme sociali, di una qualunque forma di società priva di gerarchie la quale dovrebbe correggere, come panacea contro i mali endemici dei rapporti di produzione alternatisi nei secoli, i difetti fisiologici dei rapporti sociali fondati su classi oppure su elites. Marx non considerò i sistemi burocratici comunisti di transizione come sistemi elitari di gestione del potere: sostituendo al concetto classista quello elitario, si possono rivisitare le teorie marxiste come fallimentari nel momento in cui concedono il potere dittatoriale ad una aristocrazia burocratica elitaria, che semplicemente sostituisce le non precisate classi sociali dominanti alla guida dello Stato; per queste elites, l'essere fedeli al partito è nodo programmatico unico, così come è difficile aspettarsi da esse una sostanziale, antistorica per lo stesso Marx, cessione di potere, la quale le porterebbe a perdere la loro direzione centralizzata a favore dell'utopia politica di Marx il quale, nel criticare i rapporti di produzione del suo tempo, aveva attribuito in modo diretto lo sfruttamento tra uomini, storicamente, al mercato capitalistico e non ai suoi eccessi o alle sue mancate regolazioni funzionali piuttosto che ad un mancato controllo funzionale, reale e non effimero, di autorità centrali non totalitarie, o anche alla mancata tutela concreta di diritti sociali.

Trascriviamo, insieme dal testo 'Marx' del Prof. Melotti e dall'autore originario, Karl Marx: "Nel loro insieme i rapporti di produzione costituiscono la struttura economica della società, ossia la base reale della società sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale.". Egli considera le sfere sovrastrutturali (istituzioni sociali e forme della coscienza, come morale, religione, filosofia, teorie giuridico-politiche, arte etc.) apparentemente autonome ma sostanzialmente caratterizzate da una coerenza nei confronti della struttura sociale.
Struttura e sovrastruttura costituiscono un'unità dialettica inseparabile. Il peso assegnato alla sovrastruttura è diversamente attribuibile non in base alle sole condizioni strutturali, si può aggiungere, ma bensì alla struttura globale dell'unità dialettica storico-sociale, al modo, cioè, in cui la sovrastruttura incide, contingentemente, su una particolare struttura economica; ossia nel modo in cui le idee presenti in un sistema sociale modellano, creano o mutano la struttura economica attraverso quella che è, insieme, variabile determinante e variabile determinata, la variabile delle idee, che creano ed organizzano lavoro, essendo organizzazione delle risorse e creazione intellettuale degli individui lavoro e risorsa insieme.

Tratto da www.appuntidiscienzesociali.it

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